Nei mesi di settembre e ottobre, i boschi e le montagne iniziano pian piano a riconquistare i loro spazi dopo un’estate di viaggi, esplorazioni ed escursioni dell’uomo.
Questa è anche la stagione ideale per sentire il bramito del cervo.
Per meglio comprendere i comportamenti e l’habitat del cervo, ho pensato di rivolgermi all’accompagnatore naturalistico ed educatore ambientale Alina Pratola, libero professionista e collaboratore della Cooperativa Arnica, attuale realtà incaricata del servizio educazione ambientale e fruizione dei Parchi Reali e nel dettaglio dell’area della Mandria. Ogni anno tutto il team di Guide si occupa di trekking per famiglie o adulti, visite in trenino e con il pulmino per scoprire questo periodo magico quanto unico, assaporando le magiche note della notte.
Partiamo da te, Alina. Cosa più ti appassiona del tuo lavoro?
Forse rispondere “la natura” è banale, ma è così. La natura ti dà la possibilità di avere degli “incontri magici” che sanno emozionarti tantissimo. Questi avvengono quando meno te l’aspetti, ma sono lì e ti fanno un regalo. A volte è una animale inaspettato, altre un colore di una foglia o un fungo piccolissimo. Il bello è essere lì e goderselo, il top è condividerlo con i clienti, specie se non sono troppo abituati a fermarsi a guardare.
Lavori al Parco naturale La Mandria, famoso, oltre che per essere casa di diversi animali selvatici, anche per essere una delle ultime foreste planiziali italiane. Cosa significa il termine?
Il termine definisce una tipologia di bosco, detto anche Querco-carpineto, costituito principalmente da Querce (Farnia, Quercus robur, e Rovere, Quercus petrea, principalmente) e Carpino bianco (Carpinus betulus) per lo strato arboreo e il nocciolo (Corylus avellana) per quello arbustivo. Questa associazione era presente in passato su tutta la Pianura Padana, oggi nella nostra Regione sono presenti solo pochi lembi di piccole dimensioni. Le uniche due realtà presenti con dimensioni importanti sono proprio i boschi del Parco della Mandria e quelli delle Sorti della Partecipanza di Trino. Quando la gente viene in visita del Parco, mi piace dire che, Farnia, Carpino bianco e nocciolo, sono un po’ come una regina, un re e un principe, così la gente se li ricorda meglio e da loro la giusta attenzione che meritano.
All’interno del Parco sono presenti molti animali selvatici, tra cui il cervo. Come riconoscerlo a distanza?
Il primo carattere è ovviamente il palco ramificato presente sul capo, ma non è l’unica caratteristica da tener presente perché non tutti gli individui ne sono provvisti, infatti solo i maschi ce l’hanno e neanche tutto l’anno. Facciamo però un passo alla volta. In maniera generale il Cervo ha un mantello bruno rossastro che diventa più scuro nel periodo dell’autunno-inverno. Le zone ventrali e caudali sono più chiare diventando giallo-biancastre. Lo specchio anale giallognolo è un’altra caratteristica importante nel riconoscimento perché permette la distinzione dell’animale sempre, anche in caso di un individuo privo di palco, in caso di femmine o di maschi a fine inverno. Il maschio infatti, perde il palco una volta l’anno, nel periodo di gennaio-febbraio, per metterne immediatamente uno nuovo, più grande del precedente.
Che cos’è il palco?
Il palco è una struttura ossea portata dai maschi dei cervi ed è rappresentato da due stanghe ramificate che vengono perse intorno a febbraio per poi essere ricostituite in 6 mesi. Durante questo periodo sono ricoperte da un tessuto detto “velluto” ricco di vasi capillari che nutrono il palco nella sua crescita. Le stanghe si sviluppano con più ramificazioni dette pugnale, ago, mediano e punte della corona. La dimensione e la forma di tali ramificazioni possono dare informazioni sull’età e sul benessere dell’individuo visto lo sforzo fisico che impiega ogni anno per costituirlo sempre più grande. Si consideri che una stanga, costituita da osso pieno, può avere una lunghezza di 1 metro e un peso di 4 kg.
Qual è il suo habitat ideale?
Il suo habitat è costituito da aree boscate preferibilmente di latifoglie provviste di radure per poter pascolare. Di solito i boschi non devono essere troppo provvisti di sottobosco per una maggior agevolazione nei movimenti, anche se può capitare che prediligano boschi più chiusi in caso di disturbo antropico, in quanto particolarmente sensibili.
È vero che si può stimare l’età di un cervo dal numero di punte del palco? Qual è la vita media di un cervo?
Non in maniera precisa. Il palco si sviluppa secondo l’età, ma anche in base al benessere dell’animale. Quindi è importante anche la disponibilità di cibo, la densità della popolazione, lo stato sanitario e il disturbo antropico. In generale vedendo il solo palco, sarebbe più corretto definire delle categorie: per i maschi fusoni, subadulti, adulti e maschi vecchi; per le femmine sottili, adulte e vecchie. Per parlare di un’età precisa è necessario analizzare le dentature.
In generale un Cervo può arrivare intorno agli 11 anni, ma ci sono anche casi di 17 anni. In mandria per problemi sanitari interni vivono di meno.
In questo periodo è molto probabile udire il bramito del cervo in amore. Ci spieghi che cosa significa? In che momento della giornata è più facile udirlo?
Il periodo degli amori generalmente inizia nei primi 10 giorni di Settembre e terminano a metà ottobre. In questo periodo i maschi dominanti cominciano a seguire un branco di femmine bramendo per definire la propria forza fisica così da tener lontano i probabili pretendenti. In questo periodo bramiscono abbastanza tutto il giorno, anche se è più facile sentirli dal tramonto all’alba, momento in cui sono in maggior attività.
Cosa succede quando due maschi aspirano allo stesso gruppo di femmine?
Come prima cosa i due cervi si sfidano con un vocalizzo. Infatti i due individui sembra che si “studino” bramendosi addosso: tanto più il verso è forte tanto più lo è l’individuo che lo emette. Quando uno dei due crede di poter prevalicare l’avversario, inizia una sorta di “danza” tra i due che permette ai due pretendenti di studiarsi nei dettagli. Se uno dei due pensa di poter dominare l’avversario allora avviene il vero e proprio combattimento a suon di testate. Anche questi suoni sono percepibili, sembrano grossi rami spezzati. I due maschi continuano la loro battaglia fino a quando uno dei due capisce di essere meno forte. A quel punto si arrende alla dominanza dell’avversario. Questo non vuol dire che magari una femmina non la copra lo stesso nella disattenzione del cervo dominante.
Nel caso di scontro, è vero che talvolta i palchi possono rimanere incastrati tra loro?
Può succedere, ma è raro. Quando capita però spesso muoiono entrambi nello sforzo di liberarsi.
I cervi compiono grandi spostamenti giornalieri? O vivono nella stessa area ristretta per l’intero arco della loro vita?
In generale i cervi si spostano in base alle stagioni per questioni di cibo e di energia spesa, d’estate hanno un maggior movimento rispetto all’inverno. Questo ovviamente vale per le zone montane, in pianura queste differenze sono meno evidenti. Maschi e femmine hanno un ranges differente: i maschi hanno aree da 390 a 110 ha, mentre le femmine hanno da 110 a 65 ha.
A tuo parere, quanto l’antropizzazione ha cambiato le abitudini di questo animale?
Più che a parere mio lo definiscono gli studi sulle popolazioni: quando i boschi vennero tanto alterati e la caccia era molto diffusa, il cervo si è letteralmente rintanato sulle montagne. Oggi che i boschi sono sempre più allo stato di abbandono e la caccia è un po’ più governata piano piano stanno ridiscendendo. L’anno scorso ne è stato avvistato un esemplare nel carmagnolese. Di sicuro la diffusione di predatori naturali aiuta anche la dispersione delle popolazioni.
Quali sono i predatori del cervo?
Principalmente lo sono i lupi, ma anche gli orsi potrebbero esserlo.
Quando nascono i cuccioli, sono pomellati e non hanno odore. Perchè?
I piccoli cerbiatti hanno una pomellatura e sono privi di odore per sfuggire ai predatori. Nei primi periodi loro rimangono nelle radure con erba alta ad aspettare il ritorno della mamma andata a pascolare. In questo momento sono privi di difese da eventuali predatori, quindi devono essere il più possibile “invisibili” ai loro occhi e al loro naso.
Ti va di raccontarci un’esperienza che ti è capitata durante la tua vita da accompagnatrice naturalistica?
Guarda le esperienze degne di nota posso essere tante, perché ogni volta che si incontra un animale è un avventura, se poi in questo incontro sono coinvolti dei bambini è tutto una poesia. In questo periodo sto cercando di approfondire le mie conoscenze con anfibi, rettili e uccelli e ogni volta che ho incontri ravvicinati è un’emozione fortissima. Fra tutte le cose però forse una degna di nota a cui penso spesso c’è ed è legata ad un ragazzino in particolare. È una storia a cui penso spesso perché legata ai miei obiettivi lavorativi. Lavoro nella zona del Parco Monte San Giorgio da due anni, con attività per famiglie, centri ragazzi, ecc, uno dei bimbi più affezionati agli eventi organizzati un giorno mi ha portato ad esplorare uno stagno che aveva scoperto nel bosco che non conoscevo. Con un’analisi più attenta del sito, insieme ad una collega esperta nel settore anfibi, abbiamo scoperto la presenza del Tritone crestato, una specie protetta dall’Unione Europea come il lupo, di cui non si sapeva della sua presenza in quel sito. Abbiamo battezzato lo stagno con il nome del ragazzino ed abbiamo fatto la segnalazione della specie anche a nome suo. Mi ha riempito di orgoglio, il mio lavoro è quello di cercare di accendere la passione nelle persone che con me esplorano, visitano e vivono la natura. Con quel ragazzino l’obiettivo è stato raggiunto in pieno e a volte ricordarmelo aiuta.
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