Articolo e foto di Alessandro Porro
Adagiato tra la Val d’Ega, le ultime propaggini della Val di Fiemme, la Val di Tires e la Val di Fassa, nel cuore delle Dolomiti altoatesine, c’è un grande gruppo montuoso che sembra un animale mitologico addormentato sui verdi pendii che digradano verso il fondo valle. È il Catinaccio – “Ciadenac” in ladino – autentico paradiso per gli amanti della montagna, della natura incontaminata e delle cime ardite.
Benché non sia tra i profili dolomitici più riconoscibili e sebbene non abbia la stessa fama di monti come le Cime di Lavaredo, la Marmolada o le Odle, il Catinaccio non è certo un gruppo di serie B e merita di essere esplorato.
Gli impianti di risalita del Catinaccio
I punti di accesso sono tanti e non c’è un vero e proprio luogo di partenza, la scelta è rimessa all’escursionista e al tipo di trekking che vuole fare. Le pendici del Catinaccio sono raggiungibili dalla valle grazie agli impianti di risalita: una funivia da Nova Levante al Rifugio Fronza delle Coronelle e una seggiovia che collega il Passo di Carezza al Rifugio Paolina, o ancora risalendo la Conca di Gardeccia a piedi verso il Rifugio Vajolet.
L’imbocco del sentiero dal rifugio Paolina
Il mio trekking è iniziato dal Paolina dopo un breve viaggio in seggiovia. Usciti dall’impianto, alle spalle del rifugio si trova un bivio da cui partono il sentiero 552 che, alternando tratti nel bosco a passaggi più brulli, conduce ai piedi del Passo del Vajolon o il 539 che girando attorno alla Ponta del Majarè (o Masarè) giunge al Rifugio Roda di Vaèl. Con un po’ di fortuna è facile imbattersi nelle tantissime marmotte che hanno eletto a dimora questi luoghi e ancora più facile è sentire i loro fischi di richiamo non appena un intruso si avvicina.
Vie ferrate e sentieri escursionistici
Gli amanti della ferrata possono scegliere di puntare al Passo del Vajolon e, superata l’impegnativa salita tra sfasciumi detritici (nell’ultimo tratto attrezzata con scale e corde), giungere all’attacco del percorso attrezzato con cavi che in un’ora circa conduce alla cima della Roda di Vaèl (2.806 mt). Dalla cima si può scendere per lo stesso percorso di salita oppure concatenare la ferrata con quella della Cresta di Majarè e giungere ai piedi della Torre Finestra, così chiamata per il “buco” che si apre nella roccia offrendo uno splendido scorcio sulla valle. Dal termine della ferrata, per comodo sentiero, si giunge al rifugio Roda di Vaèl.
Chi invece preferisse un itinerario più escursionistico può salire direttamente al Rifugio Fronza e imboccare il sentiero 549 che sviluppandosi in ambiente tipicamente dolomitico arriva fino al Rifugio Roda compiendo un ampio giro e passando accanto alla statua bronzea che svetta austera e maestosa su una curva del sentiero.
Dal Rifugio Fronza parte un’altra bellissima ferrata, quella che conduce al Passo Santner. Il primo tratto attrezzato è molto breve e conduce a una selletta da cui parte un sentiero di alta quota che lambisce i piedi del gigante dolomitico e conduce a uno stretto passaggio tra le rocce. Il cavo non è presente lungo tutto il percorso e in certi punti è necessario arrampicarsi sui roccioni individuando il passaggio migliore. L’ultimo tratto si sviluppa tra stretti passaggi, camini e diedri verticali fino a giungere a un balconcino naturale dal quale, con un ultimo strappo dotato di cavo, si giunge al Passo Santner dove la vista si apre sulla Val di Tires, ripagando appieno la fatica. Dal passo si scende leggermente verso il Rifugio Santner (oggi chiuso). Dal rifugio si può ammirare il panorama mozzafiato che si apre sulla Conca del Gartl, uno spettacolare anfiteatro naturale cui fanno da contorno alcune delle cime più belle del gruppo: la Croda di Re Laurino, il Catinaccio e le Torri del Vajolet.
La leggenda di Re Laurino e il Giardino delle Rose
E qui concedetemi una breve digressione “letteraria”. L’altro nome del Catinaccio, quello tedesco, è Rosengarten ovvero “Giardino delle Rose”. Il nome è legato alla saga leggendaria di Re Laurino, sovrano mitologico dei Ladini. La leggenda narra che Laurino fosse a capo di un popolo di nani dediti alla raccolta di cristalli e che disponesse di una cintura in grado di conferirgli la forza di 12 uomini e una cappa capace di renderlo invisibile. Un bel giorno il re dell’Alto Adige, intenzionato a dare in sposa sua figlia Similde, convocò tutti i nobili del regno ad un torneo per scegliere il miglior pretendente. Tutti tranne Laurino che, indossata la cappa, decise di partecipare comunque alla festa da invisibile. Quando però vide Similde se ne innamorò all’istante, la caricò sul cavallo e fuggì. I contendenti si lanciarono all’inseguimento e il fuggiasco, forte della sua cintura, non si sottrasse alla lotta ma dopo poco, compreso che non ce l’avrebbe fatta, indossò la cappa e tentò di nascondersi nel “Giardino delle Rose”. I suoi avversari però lo scovarono seguendo il movimento dei fiori mossi dal suo passaggio, lo catturarono e lo imprigionarono.
Infuriato per la sua sorte Laurino lanciò una maledizione: nessuno, né di giorno né di notte, sarebbe mai più riuscito a vedere il Giardino delle Rose. Il re si dimenticò però del tramonto e dell’alba e ancora oggi il mitico roseto riflette i suoi colori sulle pareti del catinaccio, al sorgere del sole e all’imbrunire.
La leggenda spiega il fenomeno della cosiddetta “Enrosadira”, per il quale le pareti dolomitiche (composte di rocce dolomia o dolomite, un composto di carbonato di calcio e magnesio) colpite dalla luce crepuscolare si colorano di tonalità che vanno dal rosso al viola tenue, soprattutto nelle limpide giornate estive.
Le Torri del Vajolet e la cima del Catinaccio
Nel cuore della conca, accanto a un laghetto dai riflessi grigio-azzurri, sorge il Rifugio Re Alberto, punto di partenza e di appoggio per gli appassionati di arrampicata che ogni giorno si cimentano sulle Torri del Vajolet o sul Catinaccio.
Le Torri del Vajolet sono un gruppo di 6 guglie calcaree (Torre Delago, Torre Stabeler, Torre Winkler, Torre Nord, Torre Principale e Torre Est) che ricordano quelle di una maestosa cattedrale gotica.
Sull’altro versante si innalza invece il Catinaccio (seconda cima più alta del gruppo, con 2.981 mt), altra parete che ogni anno attira centinaia di amanti dell’arrampicata.
Tra le Torri e il Catinaccio si apre la Gola delle Torri attraverso la quale si scende verso la valle del Vajolet e l’omonimo rifugio. Dal Rifugio Vajolet (e dal caratteristico Rifugio Paul Preuss, intitolato a uno dei più celebri alpinisti austriaci di inizio Novecento) si scende, da un lato, nella conca di Gardeccia e dall’altro si procede per il giro del Catinaccio.
Quest’ultimo prosegue infatti risalendo la Valle del Vajolet contornata dalla Cima del Vajolet, dalla Cima Piccola di Valbona e naturalmente da lui, Sua Maestà il Catinaccio di Antermoia (Kesselkogel in tedesco), la montagna più alta del gruppo con 3.004 mt.
Dal Passo Principe si può raggiungere la cima del Catinaccio e la croce di vetta con una ferrata piuttosto facile che offre, in diversi punti, panorami unici sul gruppo e sulla valle sottostante nonché sul massiccio dello Sciliar. La ferrata termina poco sotto la cresta sommitale da affrontarsi con la massima prudenza per la notevole esposizione. Questa conduce al terrazzino su cui si trova la croce e dal quale si può godere di un panorama a 360° sulle principali vette dolomitiche e sul sottostante lago di Antermoia. Nelle giornate più terse si possono intravedere facilmente i picchi delle Alpi austriache.
La discesa può avvenire sia per la stessa via di salita o per il versante Nord-Est, anch’esso attrezzato con cavo nei punti più esposti e tecnici. Questa via conduce al Vallone di Antermoia dove si può scegliere se proseguire verso l’omonimo lago e rifugio o se risalire verso il Passo di Antermoia e chiudere il giro ad anello del Catinaccio ripercorrendo la Valle di Vajolet e scendendo verso la conca di Gardeccia (collegata al fondo valle da un servizio di navette).
Il trekking è adatto a escursionisti esperti e agli appassionati di ferrate e arrampicata ma può tranquillamente essere affrontato anche da trekkers che amano ritmi più lenti, considerando che si può contare su uno dei circa 18 rifugi presenti nell’area e che i rifugi Re Alberto, Vajolet, Preuss, Coronelle, Roda di Vael, Paolina, Passo Principe e Antermoja possono costituire preziosi punti di appoggio o posti tappa.
Leave a reply