Sono le grandi cattedrali della terra, con i loro portali di roccia, i mosaici di nubi, i cori dei torrenti, gli altari di neve, le volte di porpora scintillanti di stelle.
John Ruskin
A pochi chilometri da Torino si trova l’Orrido di Foresto, una vertiginosa gola che è possibile raggiungere nei suoi meandri più profondi grazie alla via ferrata, un percorso per i più avventurosi.
Informazioni utili
Cartine: Fraternali 1:25000 n.3 Val di Susa Val Cenischia Rocciamelone Val Chisone
Regione: Piemonte
Partenza: Foresto (Bussoleno), 490 metri
Discesa: su sentiero, fine percorso: 740 metri
Sviluppo ferrata: 250 metri
Difficoltà: D
Tempo di percorrenza: 2 ore circa
Esposizione: Sud
Per vedere il percorso su una mappa cliccare qui.
Come arrivare a Foresto
Per arrivare a Foresto da Torino imboccare l’autostrada A32 e uscire a Chianocco. Da qui proseguire sulla statale SS 25 del Moncenisio in direzione di Via Rocciamelone, fino ad arrivare a Foresto. Parcheggiata l’auto nella piazza centrale, nei pressi della Chiesa, seguire le indicazioni che indicano l’Orrido di Foresto, superando un ponte sul rio.
L’attacco della ferrata
Proseguendo lungo la strada, prima asfaltata e poi sterrata, si incomincia fin da subito ad inoltrarsi all’interno dell’orrido. Attraversate il vecchio mulino alla vostra destra (sinistra orografica) e alla vostra sinistra (destra orografica) le imponenti pareti d’arrampicata, subito dopo un vecchio lazzaretto ormai dissestato. Da qui il sentiero di interrompe ed incomincia la vera e propria via ferrata.
La via ferrata
Dalla fine del sentiero guadare il torrente e portarsi sulla sinistra orografica del fiume; subito dopo eccovi pronti ad un secondo guado, che vi porterà all’attacco vero e proprio della ferrata. Da qui si prosegue su traverso a pochi metri dal terreno, addentrandosi sempre di più nella gola.
Ed eccolo spuntare dal nulla il primo dei 4 ponti tibetani. Se vi fa un po’ paura, non preoccupatevi, è il più lungo che dovrete affrontare. Il cavo di destra è leggermente lasco, per cui in molti utilizzano come appoggi quello di attacco per i moschettoni e quello di sinistra.
Il ponte tibetano finisce su una parete verticale, da percorrere con un traverso che si prolunga verso sinistra, dentro l’orrido. I pioli sono sempre frequenti e ci sono anche dei solidi appigli per braccia e mani, per cui vi posso dire che non ho mai avuto quel senso di vertigine, che provo invece quando mi sento poco stabile.
Superato il traverso si percorre un secondo ponte tibetano, stabile e corto. Dopodiché il traverso che attraversa la parete verso destra ci porta diretti al punto più bello ed adrenalinico della via ferrata: l’anfiteatro. Qui il rumore della cascata è forte. Il getto scende per circa una trentina di metri! Il cuore batte forte alla vista di tanta bellezza…e al pensiero di dover percorrere il tratto strapiombante vicinissimi alla cascata.
Questo è il tratto più impegnativo, perché nonostante duri poco, spancia un po’ ed è faticoso per le braccia. Un utile consiglio: nel caso voleste recuperare le energie a metà parete, portate con voi sempre una longe o un rinvio, in modo da agganciarsi temporaneamente ai pioli, per poi riprendere la salita.
Arrivati in cima, si può godere dell’angolo di paradiso appena raggiunto, ma anche congratularsi del tratto appena percorso. Qui l’animo è più calmo e quando il torrente non è in piena, il rumore della cascata si attutisce in lontananza in un’atmosfera quasi zen.
Si prosegue fino al terzo guado e ad una piccola parete verticale. Pur essendo molto più breve della precedente, anche qui alcuni tratti richiedono una buona forza fisica. Infine, l’ultimo ponte tibetano di pochi metri. Il problema di quest’ultimo ponte è che, pur essendo alta, mi sono trovata bloccata perché il cavo a cui attaccare i moschettoni era davvero troppo alto. Anche in punta di piedi non riuscivo ad avanzare, per cui ho dovuto agganciare un rinvio per allungare la longe e poter proseguire. In alternativa si può anche attaccare ognuno dei due moschettoni nei due cavi all’altezza della vita.
Superato il ponte, si prosegue su traverso fino a raggiungere ed abbandonare alle proprie spalle la quarta ed ultima cascata e cominciare a salire verso la fine della via ferrata.
Il paesaggio qui spazia sull’orrido, ormai sotto i nostri piedi. Il percorso si fa più esposto e qualche volta mette alla prova le mie vertigini.
Questo è l’ultimo tratto, che sale fino in cima, dove dopo un ripiano erboso si imbocca il sentiero che scende a valle fino a Foresto.
Le difficoltà della ferrata
Nonostante la difficoltà impostata a D di questa via ferrata, giustificata principalmente dai tratti strapiombanti e molto fisici da percorrere sulle due cascate, non l’ho trovata particolarmente impegnativa. I pioli sono sempre frequenti e i tratti in cui cercare appigli per i piedi su roccia sono pochissimi. Tuttavia le impressioni dei miei compagni erano differenti e la valutazione è quindi molto soggettiva. Affrontate la ferrata consci di tutti i tratti impegnativi e con la giusta attrezzatura, dopodiché buon divertimento!
Attenzione: la via ferrata è da evitare in periodi di piena, in quanto i molti guadi potrebbero essere rischiosi. Inoltre è già capitato in passato che si staccassero alcuni massi, per cui bisogna prestare massima attenzione a non smuovere troppo il terreno quando si è a quote più alte.
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