Provate a guardare un video di un astronauta durante il decollo o un pilota di caccia. Vi renderete subito conto che entrambi sentiranno in determinati momenti una forte accelerazione. Ma anche noi, senza arruolarci nell’aeronautica, possiamo sperimentare una forte accelerazione, seppur non a quei livelli, per esempio sperimentando le adrenaliniche discese sulle montagne russe.
L’accelerazione dovuta alla gravità si chiama forza g. Una persona normale riesce a sopportare circa 5 g, mentre un pilota di caccia, aiutato anche da speciali tute anti-g, arriva a sopportare anche 9 g. Ora, essendoci fatti più o meno un’idea sulla forza che esercita sul nostro corpo l’accelerazione di gravità, provate a pensare a 1000 g.
È questa la decelerazione che subisce un picchio quando il suo becco impatta con il tronco di un albero. Se poi pensiamo che il picchio rosso maggiore ha una media di 10 beccate al secondo, mentre il picchio verde raggiunge addirittura le 15-20 beccate al secondo, incominciamo a renderci conto della sensazionalità di questi piccoli animali. Dalle 8000 alle 12000 beccate al giorno! Ma come fanno quindi a non mostrare alcun segno di trauma cranico? La risposta è racchiusa in una sola parola: evoluzione. Grazie ai continui adattamenti, acquisiti di generazione in generazione, per il picchio non è più un problema picchiare la sua testa e il suo becco contro un possente tronco.
Questo grazie ad un mix di diversi accorgimenti anatomici e fisiologici. Innanzitutto il cranio, a struttura porosa, ed il becco, sono separati da un tessuto spugnoso che funge da ammortizzatore. In questo modo il cervello è protetto; inoltre, l’osso ioide dei picchi è molto sviluppato e ad esso è ancorata la lingua, che è lunga quanto due terzi dell’intero corpo dell’animale! Al contrario nostro, per il picchio è quindi un complimento sentirsi dire che ha la lingua lunga, essenziale per raggiungere le larve rintanate nelle cavità dei tronchi.
Il becco ha poi lunghezze diverse tra la parte superiore e quella inferiore e presenta particolari asimmetrie che gli permettono di assorbire gli urti e fare in modo che questi non creino ripercussioni sul cervello.
Insomma, il picchio ha davvero degli assi nella manica per evitare continui traumi cranici; per i più intraprendenti, su Plos One è possibile approfondire il tema. Se invece volete immortalare in qualche foto questo curioso animale, vi consiglio un sentiero a pochi passi da Pinerolo, in Piemonte, famoso per essere il regno del picchio rosso maggiore e minore e del picchio verde e di cui ho scritto un post alcuni mesi fa.