Famoso d’inverno per il gigantesco comprensorio sciistico della Via Lattea, d’estate il Monginevro si trasforma e fiorisce. Immense vallate, laghi d’altura e vette di tutto rispetto… Il massimo per un escursionista!
Luglio è tra i mesi migliori per esplorare gli sconfinati sentieri che si diramano dal paese.
Cartina in mano, bussola, altimetro e… si parte!
Oggi vi racconto la mia ultima escursione sulle Alpi con Fabio. L’obiettivo? Raggiungere la vetta del Monte Chenaillet (2650 m), da cui si gode una vista mozzafiato. La si raggiunge attraverso un percorso geologico ricco di storia e natura, costellato da resti del filo spinato che separava il confine italo-francese prima della Seconda Guerra Mondiale. Insomma, un museo a cielo aperto per storici, naturalisti, fotografi e semplici camminatori.
L’imbocco del sentiero
Siamo partiti da Montgenevre, situato a una quota di 1856 metri, partendo dalla cabinovia de Les Chalmettes ed abbiamo imboccato il sentiero dopo aver costeggiato i campi da tennis e il parco avventura tra gli alberi. Il sentiero è ben segnalato e bisogna seguire le indicazioni per il sentier géologique.
Ci siamo addentrati subito in un bosco molto suggestivo, che costeggia l’acqua limpida del fiume La Durance, che sorge proprio dal monte Le Chenaillet! Dopo aver attraversato un ponticello di legno, costruito con qualche asse e fissato con pochi chiodi, ci siamo inoltrati nella natura. L’erba alta dona un aspetto selvaggio e avventuroso, che ci fa velocemente dimenticare di essere a soli due passi dal paese.
Il sentiero pullula di farfalle che ci svolazzano attorno in gruppi numerosi e sembra vogliano accompagnarci aprendoci la strada.
Superato il bosco, proseguiamo su una stradina sterrata, in parallelo a un percorso per gli appassionati di downhill. Il paesaggio si apre e alle nostre spalle svetta il maestoso monte Chaberton, con i suoi 3131 metri. Ma di questo ne parleremo un’altra volta!
Il sentiero in questo tratto è molto semplice e quindi anche molto popolato, soprattutto nelle calde giornate estive.

Monte Chaberton
Salendo, alla nostra destra, scorgiamo Le Janus, di 2543 metri. Proprio là ci è capitato di assistere a un’operazione del soccorso alpino. Ci aveva incuriosito vedere questo elicottero che sfiorava gli immensi roccioni della parete della montagna, quasi sfiorandoli, con il muso della fusoliera rivolto verso di esse, come se stesse scandagliando l’area in cerca di qualcosa… o qualcuno. Pronta, ho tirato fuori la macchina fotografica e cominciato a filmare. Quando poi il soccorritore si è calato con il verricello, abbiamo identificato anche l’escursionista rimasto intrappolato tra le rocce. L’operazione è durata pochi minuti. La guida alpina si è calata, ha assicurato l’escursionista mentre il pilota si allontanava leggermente a causa della forte scia che altrimenti avrebbe provocato. Dopodichè ha fatto cenno all’elicottero di calare il verricello legando entrambi ad esso e infine sono stati tratti in salvo all’interno della fusoliera dell’elicottero. Vedere scene del genere fa pensare ai volontari, che rischiano la propria vita per salvarne altre e non si può far altro che nutrire rispetto e gratitudine per queste persone.
Ma continuiamo il nostro viaggio! Superando la seggiovia che porta fino al Fort du Gondran a circa 2400 metri, siamo arrivati fino al Lac de Sagen Enforza, un laghetto artificiale.
Il sentiero geologico
Proseguendo più avanti siamo giunti ad un incrocio. A destra si arriva al forte, mentre a sinistra si prosegue per la nostra meta. Da lì in poi continuiamo a seguire le indicazioni per il sentiero geologico. Passo dopo passo il tracciato si restringe e attraversiamo tratti di pietraia. Ci si immerge tra le enormi rocce, una volta facenti parte di fondali oceanici. È molto suggestivo, un paesaggio marino alpino! Il monte stesso è un antico vulcano sottomarino di 155 milioni di anni fa!
In un’ora circa dall’incrocio nella vallata sottostante raggiungiamo la vetta. Lì la vista è ineguagliabile e ripaga di tutte le fatiche dell’ascesa.
Un panorama a 360°, le cime che svettano tra le nuvole. Inconfondibili il picco di Rochebrune (3320 m) e la Barre des Écrins (4102 m), ma tutte le altre vette, anche le meno conosciute, si possono identificare grazie alle illustrazioni installate su appositi banchi di legno.
Dalla cima de Le Chenaillet è possibile raggiungere il Colletto Verde e scendere attraverso il confine italo-francese fino a raggiungere Claviere, oppure riprendere la via dell’andata.
Prima di cominciare la discesa, abbiamo fatto la conoscenza con un brizzolato escursionista francese, intento a scrutare le montagne con il suo binocolo, in cera di animali. Ci ha suggerito molte vie da provare in futuro, popolate da camosci e marmotte, nei pressi di Briançon.
Dal momento che in montagna è bene essere sempre pronti e previdenti, teniamo conto anche della durata della discesa e non rimaniamo a lungo in vetta. Rifocillati con del cioccolato, ripartiamo, con la stanchezza nelle gambe che si fa sentire, ma soddisfatti del percorso.
Informazioni utili
Carta dei sentieri: n°1 IGC. Valli di Susa, Chisone e Germanasca
Livello di difficoltà: E (escursionista)
Tempo: 3 h
Dislivello: 794 m
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